sabato 3 ottobre 2015



PANNELLI FOTOVOLTAICI



Un modulo fotovoltaico è un dispositivo optoelettronico, composto da celle fotovoltaiche, in grado di convertire l'energia solare incidente in energia elettrica mediante effetto fotovoltaico. Assemblato in più celle  forma un pannello fotovoltaico.  Esteticamente è simile al pannello solare termico, che però per mezzo dell'energia solare permette di scaldare un fluido per utilizzo igienico sanitario.

Tecnologie realizzative a confronto

Dei molti materiali impiegabili per la costruzione dei moduli fotovoltaici, il silicio è in assoluto il più utilizzato. Il silicio viene ottenuto in wafer che vengono in seguito uniti tra loro a formare un modulo fotovoltaico.
Le tipologie costruttive delle celle fotovoltaiche più comuni sono:
Silicio monocristallino: presentano efficienza dell'ordine del 16-21%. Sono tendenzialmente costose e, dato che i wafer vengono tagliati da lingotti cilindrici, è difficile ricoprire con essi superfici estese senza sprecare materiale o spazio.
Silicio policristallino: celle più economiche, ma meno efficienti (15-16%), il cui vantaggio risiede nella facilità con cui è possibile tagliarle in forme adatte ad essere unite in moduli.
Silicio "ribbon" (a nastro): preparate da silicio fuso colato in strati piani. Queste celle sono ancora meno efficienti (13,5-15%), ma hanno il vantaggio di ridurre al minimo lo spreco di materiali, non necessitando di alcun taglio. Un approccio alternativo procede con la ricopertura dell'intero modulo con il materiale desiderato e il successivo disegno delle celle da parte di un laser.
Silicio amorfo depositato da fase vapore: hanno un'efficienza bassa (8%), ma sono molto più economiche da produrre. Il silicio amorfo (Si-a) possiede un bandgap maggiore del silicio cristallino (Si-c) (1,7 eV contro 1,1 eV): ciò significa che è più efficiente nell'assorbire la parte visibile dello spettro della luce solare, ma meno efficace nel raccoglierne la parte infrarossa. Dato che il silicio nanocristallino (con domini cristallini dell'ordine del nanometro) ha circa lo stesso bandgap del Si-c, i due materiali possono essere combinati creando una cella a strati, in cui lo strato superiore di Si-a assorbe la luce visibile e lascia la parte infrarossa dello spettro alla cella inferiore di silicio nanocristallino.
CIS: basate su strati di calcogenuri (ad es. Cu(InxGa1-x)(SexS1-x)2). Hanno un'efficienza fino all'15%, ma il loro costo è ancora troppo elevato.
Celle fotoelettrochimiche: queste celle, realizzate per la prima volta nel 1991, furono inizialmente concepite per imitare il processo di fotosintesi. Questo tipo di cella permette un uso più flessibile dei materiali e la tecnologia di produzione sembra essere molto conveniente. Tuttavia, i coloranti usati in queste celle soffrono problemi di degrado se esposti al calore o alla luce ultravioletta. Nonostante questo problema, questa è una tecnologia emergente con un impatto commerciale previsto entro una decina di anni.
Cella fotovoltaica ibrida: combina i vantaggi dei semiconduttori organici e di vari tipi di semiconduttori inorganici.
Cella fotovoltaica a concentrazione: unisce alle tecnologie di cui sopra, delle lenti a concentrazione solare che aumentano sensibilmente l'efficienza. Rappresentano la nuova promettente generazione di pannelli ancora in fase di sviluppo.


Nuove tecnologie 

Grazie alle ultime innovative tecnologie i vantaggi dell'utilizzo di pannelli fotovoltaici possono essere ulteriormente aumentati. Infatti, negli attuali pannelli fotovoltaici, le piccole celle addette alla trasformazione dell’energia vengono costruite in materiale cristallino ed attraversate da una lamina di silicio riuscendo ad offrire un rendimento medio pari al 12 – 15%. Ben presto, questo rendimento verrà quasi raddoppiato grazie al fatto che la lamina in silicio sarà sostituita con una fatta di Tellurio o Gallio.
Altra novità in arrivo, riguarda un pannello solare costituito da un nuovo sottilissimo film molto flessibile che renderà possibile l’installazione dell’impianto senza che venga previsto alcun supporto. Per il momento sono stati installati in Italia un paio di prototipi di impianti di questo tipo capaci di far riscontrare un abbattimento dei costi di installazione vista la mancanza del supporto e visto che, per presentare tale flessibilità, il pannello e le sue celle devono essere costruite in rame, indio oppure gallio. Tali pannelli dovrebbero avere in linea teorica
 un rendimento che si attesta intorno al 25%. Inoltre, sono allo studio delle celle fotovoltaiche spalmabili formate da sottilissime pellicole che potranno essere installate su una superficie liscia in maniera molto semplice.

La tecnologia di costruzione si basa su materiali nanocristalli grazie al quale si riesce a conseguire un considerevole abbattimento dell’impatto ambientale dell’impianto. Infine, un’ultima straordinaria tecnologia sta rendendo possibile la realizzazione di pannelli fotovoltaici in grado di pulirsi da soli eliminando di fatto una delle maggiori problematiche di manutenzione del fotovoltaico.

Questa nuova tecnologia è stata sviluppata da un’azienda americana. La superficie esterna viene ricoperta di un materiale elettricamente sensibile che una volta individuata un'alta concentrazione di polvere tramite un apposito sensore, provvede ad inviare una scarica elettrica che spazzerà via tutte le impurità.

http://www.elencoblog.net

sabato 22 agosto 2015



La casa passiva, Passivhaus


La casa passiva è attualmente il modello di abitazione che consente il maggior risparmio energetico. Rappresenta uno dei più preziosi contributi che la ricerca ha offerto allo sviluppo di un’edilizia sostenibile.


Una casa passiva è un edificio che copre la gran parte del suo fabbisogno energetico ricorrendo a strategie a basso impatto ambientale.


Le case passive sono nate in Svezia e con il tempo si sono diffuse in Germania, Olanda e Austria; in particolar modo, in questo ultimo paese, le case passive costituiscono il nuovo standard prescritto per i nuovi edifici in costruzione nel 2015 mentre nella regione austriaca del Vorarlberg, la casa passiva è divenuta obbligatoria già dal 1° gennaio 2007.


I requisiti di una casa passiva non possono fare riferimento a rigidi standard universali perché ogni nazione e ogni certificazione ha specifiche a sé. I Paesi che regolano meglio gli standard previsti per una casa passiva sono la Germania e l’Austria. In Italia abbiamo la certificazione energetica degli edifici, suddivisa in classi energetiche che fotografa il fabbisogno energetico annuo dell’immobile e riporta i possibili interventi di miglioramento energetico. Certificazione di riferimento è anche Casa Clima, rilasciata dall’omonima un’agenzia di proprietà della Provincia autonoma di Bolzano.








una casa passiva riesce ad assicurare il massimo comfort termico senza o con un minimo impiego di energia elettrica. Nella casa passiva si abbandonano le forme di riscaldamento convenzionali come caldaie e termosifoni ma si abbracciano sistemi di riscaldamento detti appunto passivi.


Una casa passiva sfrutta i princìpi dell’architettura bioclimatica sfruttando al massimo il potenziale dei materiali isolanti. Il riscaldamento passivo è reso efficace dalla coibentazione termica: una casa è detta “passiva” proprio perché la somma degli apporti passivi di calore dell’irraggiamento solare trasmessi dalle finestre e il calore generato internamente all’edificio (dagli stessi abitanti o dagli elettrodomestici) sono quasi sufficienti a compensare le dispersioni termiche dell’edificio durante la stagione fredda.


Dal punto di vista tecnico, la casa passiva deve quindi la sua efficienza alla combinazione di una serie di accorgimenti essenziali: isolamento termico, calore interno, finestre termiche, forma ed esposizione e ventilazione.


Isolamento termico. E’ ottenuto non solo grazie all’aumento dello spessore del materiale isolante ma anche e soprattutto collocando l’isolante nello strato più esterno della parete, anziché nel lato interno come normalmente avviene. L’isolante è disposto su tutte le pareti esterne dell’edificio nella loro interezza, senza tralasciare la corretta coibentazione del tetto.


Calore interno. Grazie al perfetto isolamento termico, l’edificio riesce a riscaldarsi grazie a fonti di calore che si trovano in tutte le case ma che di solito passano inosservate: gli elettrodomestici attivi, l’illuminazione, il sole che entra dalle finestre, la cucina, l’acqua calda che scorre nel bagno, gli stessi esseri umani che vi abitano. Benché minima, la quantità di calore prodotta da queste fonti risulta niente affatto trascurabile quando viene adeguatamente preservata.


Finestre termiche. Un punto debole nell’isolamento degli edifici è generalmente costituito dalle finestre. In una casa passiva il vetro delle finestre è triplo anziché doppio. La superficie vetrata diventa in questo modo più isolante della cornice stessa dell’infisso, motivo per cui si tende a progettare poche grandi finestre invece che tante finestre piccole: le finestre grandi aumentano la luminosità e il calore prodotto dai raggi del sole, mentre diminuisco le perdite di calore attraverso la struttura dell’infisso.


Forma ed esposizione. L’isolamento termico è ottenuto anche grazie allo studio della forma dell’edificio: edifici di volume compatto mantengono meglio il calore rispetto a edifici dal volume spezzettato o distribuito. E’ inoltre importante prevedere una corretta esposizione dell’edificio rispetto al sole, in modo che le pareti più soleggiate siano capaci di assorbire il calore, per esempio attraverso superfici vetrate, mentre le pareti più fredde e meno soleggiate siano perfettamente coibentate. Nei climi temperati occorre prevedere, al tempo stesso, una sufficiente ombreggiatura delle pareti rivolte verso il sole, in modo da mantenere la casa fresca nei mesi estivi.


Ventilazione. La circolazione dell’aria tra interno ed esterno è necessaria in tutti gli edifici ma in genere provoca forti perdite di calore. Nella casa passiva il problema è aggirato grazie a una ventilazione controllata, che attraverso un motore ad alta efficienza energetica e un apposito dispositivo per lo scambio di calore, permette all’aria in entrata di assorbire fino all’80-90% del calore dell’aria in uscita, prima di circolare all’interno.


La ventilazione controllata serve anche a uniformare la temperatura delle diverse stanze dell’edificio, recuperando il calore dalle stanze dove se ne produce di più (come il bagno, la cucina, e gli ambiente più affollati) ) per cederlo alle stanze più fredde come le camere da letto e il soggiorno, e al contempo ricambiare l’aria viziata.


Sulla base di questi punti essenziali, si possono prevedere soluzioni specifiche e dettagli aggiuntivi, sia estetici che funzionali. Alcune case sfruttano ad esempio la geotermia.


In alcuni casi lo studio dell’esposizione solare è abbinato all’uso di moderne tecnologie fotovoltaiche, mentre l’ombreggiatura può essere fatta sia con elementi architettonici, sia grazie alla piantumazione di specie vegetali adeguate – come le piante cedue, che perdono cioè il fogliame in inverno, lasciando passare i raggi del sole quando sono più necessari. Per i materiali poi le possibilità sono ampie: una casa passiva può essere fatta di legno, di mattoni, di cemento.


I notevoli vantaggi di una casa passiva sono evidenti: prima di tutto un impatto ecologico enormemente ridotto, grazie all’eliminazione o al ridottissimo uso dell’impianto di riscaldamento, e poi il comfort, grazie ad un’illuminazione ottimale ed una temperatura uniforme nei diversi ambienti interni.


Vantaggi della casa passiva



I vantaggi in termini di consumo energetico rilevanti: una casa passiva consuma il 90% in meno rispetto alle case tradizionali, e circa il 75% in meno rispetto alle nuove case costruite secondo la regolamentazione termica attuale.


La casa passiva si basa dunque sul concetto di costruzione a consumi molto ridotti, quindi il riscaldamento non è ottenuto mediante un normale impianto “attivo” a consumo energetico, bensì tramite tutte quelle che vengono chiamate fonti passive di calore: la radiazione solare, le persone, l’inerzia termica. Molto importanti sono i fattori come l’isolamento termico, l’assenza di ponti termici, l’elevata impermeabilità all’aria, il controllo della ventilazione.







La casa passiva mediterranea

Dalla progettazione passiva definita dagli standard tedeschi, finalmente si è passati alla definizione di uno standard ad hoc per il clima mediterraneo, da questa trasformazione è nata la prima Casa Passiva mediterranea. E’ nato così lo standard “passivo mediterraneo” creato su misura per i paesi che si affacciano sul Mediterraneo e destinato a qualificare la progettazione di edifici sempre più efficienti e rispettosi dell’ambiente. La casa passiva mediterranea è 100% green, riuscendo a conciliare le peculiarità tecnologiche con un involucro ad alta efficienza.


Costruita quasi completamente in legno, sfrutta al massimo le possibilità dei materiali naturali che compongono il pacchetto murario. Il perfetto isolamento termico e acustico è garantito dalla struttura portante in legno lamellare, dal cappotto in fibra di legno, dai serramenti ad alto rendimento e dalle schermature solari.


La strategia passiva che ha permesso di raggiungere tali risultati, sfrutta al massimo tutti gli apporti gratuiti, come il calore prodotto dagli elettrodomestici in funzione, dalle persone che vivono in casa o dai raggi del sole che penetrano attraverso le ampie finestre.


L’impianto in pompa di calore aria-acqua fornisce il riscaldamento invernale e raffresca nei mesi estivi; le schermature solari automatizzate limitano il guadagno solare; il sistema di ventilazione meccanica e un impianto fotovoltaico da 6 kWp completano il quadro di efficienza attiva della casa passiva mediterranea.

sabato 13 giugno 2015

I vantaggi della bioarchitettura e bioedilizia

Cenni sulla Sostenibilità e Bioedilizia



La sostenibilità di un materiale deriva dal suo rapporto con l'ambiente. I materiali interagiscono con l'ambiente e lo modificano, condizionando negativamente la sopravvivenza dell'uomo sulla Terra. Con la bioarchitettura si vanno ad utilizzare tecniche costruttive e materiali che intervengono in modo neutrale verso l'ambiente cercando di migliorare il benessere e la salute dell'uomo. Per avere un architettura sostenibile dobbiamo avere un doppio riscontro, un effetto benefico sulla salute dell'uomo e la tutela dell'ambiente.
Attualmente gli ambienti in cui viviamo sono molto degradati. L'uso indiscriminato di prodotti chimici presenti in tutti i materiali edili e nell'arredamento ha generato tutto ciò. La consapevolezza della presenza di questi prodotti è una cosa piuttosto recente.
La casa, fin dall'antichità, è sempre stata vista come una zona protetta dove una persona si va a riparare dalle intemperie e non solo. Quindi è una zona dove dovrebbe esserci la massima protezione verso tutte le avversità del mondo, ma dove purtroppo spesso vi si ritrovano materiali nocivi per la salute dell'uomo.
L'interno delle nostre case spesso presenta delle condizioni non salutari ( umidità, muffe, secchezza dell'aria, climatizzazione eccessiva, campi elettromagnetici, inquinamento acustico, esposizione a vibrazioni, inquinamento dovuto alla combustione dei fornelli, uso di sostanze chimiche presenti nei detergenti o prodotti per la casa, presenza di gas radon, scarsa o cattiva illuminazione, cattivo orientamento dei locali o addirittura della casa, ecc..).Le persone trascorrono la maggior parte della loro vita negli edifici quindi la loro salute è intrinsecamente legata ai luoghi di permanenza.
La bioarchitettura è in continua evoluzione e segue di pari passo scoperte e studi in vari campi che spaziano dalla medicina alla fisica. Esiste una stretta correlazione tra le nuove tecniche costruttive e questi studi.


I vantaggi della bioarchitettura

I vantaggi del progettare secondo i principi della Bioedilizia sono principalmente due: la possibilità di utilizzare le nostre risorse in modo più efficiente, e di creare case a basso consumo energetico, che non vadano comunque a intaccare le comodità del vivere odierno. Inoltre i criteri da tenere presenti per una corretta progettazione sono il benessere e la salubrità di chi andrà ad abitare l'edificio e l'ecosostenibilità ambientale, ovvero la riduzione al minimo dell'impatto ambientale di tutte le fasi di vita dell'edificio: costruzione, gestione, dismissione.     
La bioedilizia può ridurre del 50% circa la spesa energetica delle famiglie e abbattere l’inquinamento prodotto da riscaldamento, illuminazione e anche climatizzazione, dato il raffrescamento naturale che caratterizza questa tipologia di edifici, possibile grazie all’uso dei materiali che facilitano il passaggio del caldo e del freddo dall’esterno all’interno della casa stessa. È pertanto la tecnica vincente per combattere i ponti termici. Le strutture realizzate in bioedilizia hanno poi una maggiore resistenza sismica e ai forti venti, poiché oscillano ma non crollano e sono saldamente ancorate; resistono anche al fuoco, perché il legno brucia solo nel caso in cui sia sottile e arieggiato.
E’ indispensabile verificare che nel terreno dove sorgerà il nuovo fabbricato non vi siano fattori geologici negativi, quindi accertarsi che sia lontano da fonti di inquinamento e che non vi siano corsi d’acqua sotterranei, fratture o faglie geologiche. Il geologo dovrà comunque studiare altri fattori tra cui l’esposizione al sole, la direzione dei venti ed eventuali pendenze del suolo.
In fase di progettazione si deve considerare che l'edificio dovrà:

- risparmiare l'energia non rinnovabile e ridurre l'immissione di gas da combustione nell'atmosfera (cosa che attualmente, con le tipologie di riscaldamento in uso avviene massicciamente);

- risparmiare acqua potabile;

- migliorare il comfort abitativo eliminando l'inquinamento presente nelle nostre case e equilibrando umidità, calore, raffrescamento;

- utilizzare il più possibile materiali compatibili con l'ambiente;

- utilizzare tecniche e tecnologie costruttive in grado di migliorare l'efficienza energetica dei nostri edifici a tutto vantaggio anche dei consumi e quindi del risparmio;

- tenere presente le caratteristiche del luogo in cui l'edificio si va ad inserire.

L'ambiente e il clima in cui si va ad inserire un edificio sono molto importanti per ottimizzare determinate scelte progettuali relative ai materiali e alle tecniche costruttive da impiegare. Un analisi delle temperature medie stagionali, del grado di umidità, dei venti, dell'apporto di sole, luce e calore durante tutte le stagioni ci aiuta nella progettazione di un edificio determinandone spesso forma e aspetto estetico.
Il comfort di un edificio è dato anche dal suo corretto orientamento rispetto all'irraggiamento solare e ai venti.
Per le nostre latitudini l'orientamento dell'edificio verso sud ci permette di avere effetti positivi per l'illuminazione e il calore.
Anche la distribuzione interna dei locali, degli arredi, la superficie delle pareti finestrate e la scelta dei serramenti, sono importanti per un corretto utilizzo degli spazi e per il benessere psico-fisico di chi ci abita. Se le caratteristiche del terreno lo permettono è meglio posizionare i locali destinati alle attività del giorno (cucina, soggiorno, pranzo) verso la zona sud, corredate possibilmente da ampie finestre. A sud andranno anche collocate verande, terrazze, serre. Le camere da letto andranno collocate prevalentemente a est, la luce del mattino è ideale per il risveglio. Tutte le altre zone di servizio: bagni, piccole lavanderie,... andranno collocate a nord, dove la parete della casa avrà meno aperture possibili. Infine ad ovest può essere gradevole collocare studio o zone di lavoro per godere del sole pomeridiano.
Anche la posizione degli arredi può essere ottimizzata per il nostro benessere; ad esempio il letto dovrebbe rivolgere la testata verso nord, secondo il campo magnetico terrestre. Meglio utilizzare letti con doghe in legno e materassi privi di parti metalliche per non interferire con il campo magnetico naturale. In generale dalle camere e dai luoghi di relax è meglio allontanare gli apparecchi elettrici.
Per difendere l’abitazione dai raggi solari in estate, è bene predisporre sistemi schermanti per la protezione dal sole. Tende interne e frangisole orientabili o studiati in base all'inclinazione dei raggi solari durante le stagioni, possono aiutarci molto per ridurre l'aumento della temperatura nei nostri edifici e ridurre di conseguenza l’energia impiegata per la climatizzazione.
Anche il verde posto all'esterno dell'edificio può aiutare il raffrescamento estivo (utilizzando magari piante a foglie caduche).
Non ultima è anche la scelta e l'utilizzo del colore negli ambienti che possono influenzare la nostra salute e il nostro benessere.
I materiali ecosostenibili da utilizzare dovranno essere scelti con determinati criteri, assicurandosi che soddisfino anche diversi parametri.

I criteri puramente ecologici a cui bisogna attenersi sono:
-       Il materiale o le sue componenti devono avere origine naturale;
-       I materiali utilizzati devono essere disponibili in natura;
-       Il processo di estrazione del materiale;
-       Il dispendio energetico che comporta la sua lavorazione;
-       La radioattività, l’emissione di gas, la tossicità del materiale e l’impatto che ha sull’ambiente.
       
A livello fisico-chimico il materiale ecologico va invece valutato secondo:
-       la reazione al calore e all’umidità;
-       il comportamento statico ed elettromagnetico.

Chiaramente non bisogna dimenticarsi di chi andrà ad abitare in quella casa, assicurandosi dunque che i materiali scelti per la costruzione dell’abitazione ecologica rispondano alle sue esigenze estetiche e funzionali, ovvero che siano belli da vedere, resistenti e anche di facile manutenzione.

I materiali sostenibili più comuni

La scelta dei materiali ecologici e sostenibili da usare per ogni specifico progetto dovrebbe dipendere dalla provenienza: è assolutamente preferibile prediligere quelli di provenienza locale, non solo perché costano di meno ma perché consentono anche di ridurre l’inquinamento dovuto al trasporto e soprattutto perché sono generalmente più adatti al clima del luogo scelto. In bioedilizia si consiglia l’utilizzo di cemento puro, privo di radioattività, come ad esempio quello bianco. Tra i materiali bio più comuni ci sono poi:
- il legno e i laterizi microporizzati con farina di legno, per la struttura degli edifici, come tetti e solai;

- i pannelli in fibra di legno, in sughero e in fibra vegetale, tra cui lino, kenaf e canapa, per l’isolamento delle case;

- calce per le finiture superficiali;

- vernici e collanti si usano resine vegetali (dammar, pino…), oli vegetali (lino, tung, soia…), cere vegetali, gomme e colle vegetali (dragonite, gomma arabica…), spiriti e coloranti vegetali (olio di rosmarino, alcol, indaco, reseda…) e sostanze minerali naturali elaborate (gesso, ocra, talco…), per pitture;

- bentonite per l’impermeabilizzazione;

- il sughero, i pannelli di fibra di legno, cotone, calce espansa, cellulosa, perlite. In alcuni casi anche balle di paglia pressate, per l’isolamento termico e acustico.

I vantaggi di una casa passiva

L'energia consumata dagli edifici è principalmente quella utilizzata per il riscaldamento invernale. La distinzione in classi energetiche degli edifici viene effettuata adottando come indicatore il consumo energetico annuale al metro quadrato di superficie abitabile riscaldata espressa in Kwh/mq a. La caratteristica principale di questo tipo di edifici è data dall'utilizzo di materiali altamente isolanti e dall'assenza totale di ponti termici (aree cosiddette “deboli” della casa, che disperdono velocemente il caldo o il freddo).
Gli edifici passivi sono caratterizzati da perdite di calore molto basse ossia inferiore a 15 Kwh/mq a (Classe A) mentre negli edifici tradizionali, circa l'80% del costruito prima del 1990, abbiamo una dispersione di 175 Kwh/mq a (Classe F e G).
Se in una casa “tradizionale” infatti, durante la stagione invernale, la dispersione del calore accumulato con l'utilizzo di un impianto di riscaldamento è notevolmente accelerato, in una casa passiva, il calore viene ceduto all'esterno in maniera molto più rallentata, di contro, durante la stagione estiva la casa passiva impedisce l'ingresso del calore.
Negli edifici passivi, vista la bassa dispersione, sono fondamentali gli apporti solari e gli apporti interni (persone, elettrodomestici, illuminazione, ecc.) tali da ridurre notevolmente l'integrazione di calore da parte degli impianti di riscaldamento. Esistono poi edifici a consumo energetico zero dove per il riscaldamento invernale sono sufficienti i soli apporti esterni ed interni.
Le case passive possono essere realizzate sia in cemento che in legno; se si costruiscono in legno oltre ad essere più in linea con la bioedilizia ci permettono di risparmiare in tempo, fatica e denaro. I tempi brevi di realizzazione rispetto all'edilizia più tradizionale, sono a tutto vantaggio di chi desidera vivere in una casa che offre benessere e ecosostenibilità. Una volta realizzata permette di risparmiare sui costi di gestione: riscaldamento, raffrescamento, produzione di acqua e luce.

lunedì 2 marzo 2015

Quale futuro per le nuove generazioni di architetti

Quale futuro per le nuove generazioni di architetti

Questa riflessione è maturata in diversi anni di collaborazione presso vari studi di architettura e attraverso il confronto con giovani e meno giovani colleghi architetti che come me hanno iniziato il loro percorso lavorativo presso vari studi tecnici.
Per i giovani architetti neolaureati ed iscritti all'Ordine di competenza che intendono intraprendere la libera professione partendo dalle collaborazioni con uno studio di architettura già strutturato la situazione è tristemente drammatica.  Per chi non ha le possibilità economiche di investire in un proprio studio da subito, rischiando di avere solo spese per cinque-sei anni e pochi clienti, la via più diretta per fare esperienza e iniziare la professione è collaborare con uno studio già esistente e possibilmente affermato.
Purtroppo negli studi di architettura vige una regola non scritta ma condivisa e tenacemente perpetrata dagli architetti titolari di studi e dai rispettivi Ordini architettonici che nulla fanno per tutelare i giovani e per instaurare una parità tra gli iscritti in barba alla deontologia professionale.
Esistono architetti di serie A, titolari di studio, approssimativamente sui 50 anni, ricchi di famiglia o comunque benestanti ed esistono architetti di serie B, i giovani, neolareati o architetti iscritti con meno di 40 anni che collaborano con i primi per iniziare a lavorare e formarsi come professionista. La regola è questa: Se vuoi lavorare in uno studio come collaboratore non devi pensare di essere ricompensato e devi abituarti all'idea che non esiste meritocrazia e possibilità di crescita ma solo più ore che un orologio, continue pretese e nessuna concessione.
Si perchè per l'architetto titolare di studio, i giovani sono solo una risorsa da sfruttare fino in fondo, degli schiavi a cui chiedere se per finire un lavoro puoi fare un sacrificio di qualche ora in più, poi tu certamente lo fai e ti chiede di fermarti il sabato e l'ora in più nella settimana è già diventata un diritto acquisito.
Non ci sarebbe nulla di criticabile e deplorevole se a tutto questo corrispondessero una o l'altra di due cose. O una retribuzione della prestazione svolta, o l'eccezionalità della richiesta.
Invece no, gli architetti anziani piegano la realtà e la correttezza nei confronti dei loro colleghi giovani collaboratori per il loro tornaconto professionale ritenendo ostinatamente giuste e corrette tre cose: non pagare i collaboratori (quindi dico io allora non è un lavoro), bistrattare e fare mobbing nei confronti dei collaboratori per farli sentire inadeguati e incompetenti, alla stregua di schiavi come se i giovani non fossero architetti quanto loro, chiedere sempre la massima disponibilità, chiedere sempre di più e non concedere mai nulla. Nel caso in cui ti concedano un giorno libero, perchè devi andare dal dottore o dal tuo commercialista, ti dovresti prostrare a recuperare assolutamente e comunque te lo fanno pesare per almeno una settimana.
Quando un giovane inizia a collaborare con uno studio parte con molto entusiasmo ma viene presto disilluso.
Inizialmente non si parla quasi mai di soldi, ad arte fanno di tutto per non parlarne perchè per i professionisti anziani è un loro diritto sfruttare i giovani, quindi molte volte propongono di inizia a LAVORARE tutta la settimana dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 19.00 ma non gli si può chiedere quanto sarà il compenso, si offendono, all'inizio lavori per imparare!!!!Peccato che poi passano i mesi e trovano sempre una scusa per ritardarti il momento in cui comincerai, giovane architetto, a guadagnare qualcosa con la tua professione.
Poi cominci a capire che tu sei professionista quanto loro, nonostante loro facciano di tutto per dimostrarti che sei solo uno schiavo, e capisci che tu non avresti l'obbligo di recarti tutti i giorni in ufficio, potresti (lavorare) da casa, sei un libero professionista, non ti hanno mica assunto.
Però è troppo bello per un architetto anziano avere tutti i privilegi indisturbato e tutelato dagli Ordini che non muovono un dito, pretendere gli obblighi di un dipendente assunto e non concedere però nulla a tutela del lavoratore, niente stipendio, tredicesima (figurati), malattia, contributi....
Ma perchè per loro, che hanno preso la laurea pagandola il più delle volte, le altre segnandosi i voti loro stessi sul registro nel '68 come mi confermò tra l'altro un professore, le nostre competenze non valgono mai niente e non meritano di essere retribuite; il loro lavoro invece ha del divino.
Quello che mi sconvolge è l'arroganza, l'incompetenza e l'ignoranza degli architetti anziani che vivono la professione senza rispetto dei giovani come se non ci fosse un futuro per questa professione; morti loro morti tutti. Ma i giovani sono il futuro e andrebbero tutelati non sfruttati, andrebbero formati per creare delle eccellenze, non come da noi in Italia che si cerca in tutti i modi di sottomettere i giovani a dei vecchi che tra l'altro non sanno stare al passo con i tempi.
Su questo punto faccio un'altra considerazione. Pochissimi architetti delle generazioni passate sanno usare il pc, quasi nessuno sa usare autocad o i programmi di disegno, i programmi di fotoritocco e rendering non li sanno usare, per le normative ti parlano di leggi che è dalla notte dei tempi che sono state superate, le mail, le poste certificate, le firme digitali non sanno neanche cosa sono. Invece noi architetti delle nuove generazioni abbiamo investito nel computer, nei programmi necessari per svolgere la professione, abbiamo sviluppato una professionalità al passo con i tempi. E già solo per questo dovremmo essere retribuiti in modo dignitoso.
Io mi chiedo perchè non devono essere riconosciute le nostre professionalità, perchè questi soliti vecchi devono essere favoriti ad approfittare delle nostre competenze, a sfruttarci a piacimento e non c'è nessuna legge, nessun organo e nessuna istituzione che ci tuteli. L'Ordine si sa è gestito da loro quindi non mi aspetto che abbiamo il coraggio, la dignità e la morale per fare qualcosa.
Troppe volte ho visto titolari di studio pretendere serietà, rispetto degli orari e produttività, e poi erano i primi che come esempio arrivavano in ufficio alle 11.30 (dopo essere stati a fare shopping con la famiglia mica per lavoro) per fare poi la tirata nell'orario di pausa pranzo (perchè gli architetti non mangiano) facendo in modo di chiederti qualsiasi cosa, anche inventata al momento pur di non lasciarti andare a pranzare. Stessa cosa nel pomeriggio, arrivo del titolare non prima delle 18.00, stessa motivazione: non farti uscire al tuo orario.
Non importa se porti avanti un progetto oppure no, l'importante è rubarti del tempo.
Perchè fondamentalmente l'architetto anziano vive di insicurezze, sa di essere inadeguato con i tempi, sa di essere ignorante proprio negli strumenti della sua professione e pertanto cerca di schiavizzare e sottomettere chi queste capacità e competenze ce l'ha e, cosa ancora più indegna e vile cerca di far passare la sua condotta come qualcosa di giusto e corretto.
Un'altra cosa comune negli architetti anziani è che la loro parola è più che altro una traccia fumosa incerta ed indefinita, la tua è legge scolpita nel marmo. Se loro si prendono un impegno economico con te o ti pagano sei mesi dopo o tirano a non pagarti proprio. Se ti chiedono se riesci a rispettare la consegna fra una settimana anche se la consegna è fra due, se gli dici di si hai firmato un patto che neanche Dio può sciogliere.
L'unica soluzione che ho visto attuare per difendersi è cercare di ritagliarsi i propri spazi, ma è dura perchè ogni conquista è un bagno di sangue. Alla fine si cerca una collaborazione in un altro studio, magari retribuito (ma si parla sempre di al massimo qualche migliaio di euro), lasciando il vecchio dove il titolare si offende pure, dice che non gli hai dato almeno sei mesi di preavviso (manco avessi un contratto, oltretutto loro ti lasciano a casa dall'oggi al domani secondo l'umore della giornata) e non capisce perchè uno se ne vada anche un po' innervosito dopo qualche anno di dorata schiavitù.
In conclusione, non vedo un gran futuro per le nuove generazioni di architetti se non cambia qualcosa.
Innanzitutto dovrebbe cambiare il sistema degli affidamenti di incarichi pubblici volto a favorire sempre gli stessi e a favorire sempre chi già ha lavorato precludendo l'inserimento dei giovani.
Inoltre gli Enti pubblici che fanno la figura di pubblicare i bandi per l'affidamento di incarichi sotto i 100.000 euro, e poi scelgono sempre gli stessi professionisti, potrebbero scegliere per davvero o sorteggiare visto che poi gran parte del lavoro, la contabilità, i computi, tutti i documenti e gli elaborati per incarichi pubblici li seguiamo e prepariamo noi giovani e non coloro a cui hanno affidato l'incarico, che se va bene si ricorda del titolo del'incarico e di quando deve fatturare.
Speriamo che qualcosa si muova per tutelare il lavoro dei giovani, unica e vera risorsa del futuro, visto che prima o poi i vecchi se ne andranno.